Il divorzio breve è legge. La Camera dei Deputati, nella giornata di ieri 22 aprile 2015, ha approvato in via definitiva – con 398 sì, 28 no e 6 astenuti – la tanto attesa riforma della disciplina sul divorzio italiano.
A favore hanno votato PD, SEL, M5S, Scelta Civica, PSI e Alternativa Libera. Forza Italia e Area Popolare hanno dichiarato il loro sì lasciando, però, anche libertà di coscienza, viste le “diverse sensibilità” presenti nei gruppi. La Lega Nord ha lasciato libertà di coscienza. La riforma arriva a 41 anni dal referendum del 1974 e dopo oltre 10 anni di discussioni in Parlamento.
Le modifiche del divorzio breve
Il testo, composto, per verità, da soli tre articoli, interviene sulla legge n. 898 del 1970, modificandola nei termini di seguito descritti:
– i tempi della separazione vengono ridotti da tre anni a dodici mesi in caso di separazione giudiziale (quando, cioè, i coniugi non sono concordi nel separarsi o nelle modalità di separazione) e a sei mesi quando la separazione è consensuale contro i tre anni stabiliti dalla precedente normativa;
– la separazione produce effetti ex nunc dalla prima comparizione dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale e non più dal provvedimento di omologa della separazione (che interviene in un momento successivo);
– il momento dello scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi viene anticipato: prima della riforma si realizzava soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione; ora, invece, la comunione «si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati»;
– le nuove disposizioni, infine, come espressamente previsto dalla norma sulla fase transitoria, si applicano anche ai procedimenti in corso.
Stralciato, invece, completamente l’emendamento che prevedeva il c.d. “divorzio immediato o diretto” e, cioè, il divorzio ottenibile in assenza del periodo di separazione.
Non saranno, dunque, più necessari tre anni per dirsi addio ma soltanto sei mesi se la separazione è consensuale e al massimo un anno se, invece, si fosse costretti a ricorrere al giudice per mancanza di accordo. Il tutto indipendentemente dalla presenza o dall’assenza di figli. (S. D’Angeli)