Rapporto tra giurisdizione civile ed ecclesiastica

Scritto il 25 Maggio 2014 in Dc-Separazione e divorzio Decisioni e Commenti Diritto di Famiglia

Rapporto tra giurisdizione civile ed ecclesiastica: con la sentenza n. 11226 del 21 maggio 2014 la Corte di Cassazione  ha enunciato importanti principi nell’ambito del matrimonio concordatario, chiarendo l’ambito di operatività dei rispettivi organi giurisdizionali, religioso e civile.

Nel caso in questione la Corte d’Appello di Bologna dichiarava l’efficacia in Italia della sentenza di nullità del matrimonio concordatario emessa dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Emiliano, confermata dal decreto del Tribunale Apostolico della Rota Romana e reso esecutivo dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Avverso tale sentenza di delibazione la moglie proponeva ricorso in Cassazione, rilevando il contrasto della sentenza di nullità con precedente sentenza del Tribunale Civile di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La ricorrente, sebbene non sia più richiesto ex lege, proponeva quattro quesiti alla Suprema Corte che di seguito verranno riportati, per comprendere al meglio la questione giuridica sottesa alla vicenda.

I quesiti posti erano i seguenti:

– se la pendenza del giudizio di divorzio comporti la devoluzione alla giurisdizione civile della questione riguardante la validità del vincolo, escludendo dunque la domanda di riconoscimento della sentenza del Tribunale ecclesiastico;

– se possa essere delibata la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio dopo che la sentenza civile di divorzio sia passata in giudicato;

-se possa essere delibata la sentenza ecclesiastica che dichiari la nullità del matrimonio canonico per esclusione della prole quando tale motivo non è conosciuto dalla moglie e non era da questa conoscibile essendo in buona fede;

– se possa essere delibata la sentenza ecclesiastica che dichiari la nullità del matrimonio canonico per esclusione della prole quando tale motivo non è riconosciuto come motivo di nullità dall’ordinamento giuridico italiano.

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La Corte di Cassazione afferma, riguardo alle prime due questioni,  che la sentenza di divorzio ha una causa ed un oggetto ben diversi da quelli caratterizzanti la domanda di nullità del matrimonio concordatario: quest’ultima domanda, infatti, investe l’atto con il quale è stato costituito il vincolo tra i coniugi e non il rapporto tra gli stessi. Per questi motivi, pertanto, qualora nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio non vi sia una espressa statuizione riguardo alla validità del vincolo, non sarà impedita la delibazione della sentenza del Tribunale ecclesiastico che dichiari la nullità del matrimonio concordatario.

Rispetto ai due quesiti residui, invece, gli ermellini affermano che la diversità delle ragioni su cui va fondata la domanda di nullità del matrimonio, rispettivamente in sede civile ed in sede ecclesiastica, non esclude di per sé l’esecutività della sentenza ecclesiastica; si dovrà invece valutare, di volta in volta, se il coniuge/ricorrente poteva venire a conoscenza o prendere atto della volontà contraria dell’altro coniuge a generare prole.

Riguardo a quest’ultimo punto, la Corte di Cassazione rileva come la Corte d’Appello avesse accertato che la moglie era a conoscenza della volontà e delle intenzioni dell’altro coniuge rispetto alla decisione di non avere figli.

Per i motivi sopra riportati gli ermellini rigettano il ricorso proposto dalla moglie, confermando la decisione della Corte d’Appello di Bologna che delibava la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario.

Vengono così definiti e chiariti i confini tra le giurisdizioni – civile e religiosa – relativamente alle domanda di divorzio e di nullità rispetto ad un matrimonio concordatario, definendo i rispettivi ambiti di operatività delle decisioni dei due Tribunali. (Federico Tufano)