È grave impedire il rapporto con i nonni

Scritto il 19 Marzo 2014 in Decisioni e Commenti Diritto di Famiglia

Il vedovo che, dopo la dipartita della moglie, impedisca la frequentazione tra il figlio e gli ascendenti materni, tiene un atteggiamento che potrà essere valutato negativamente dal Tribunale e rischia la possibile pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale. Questo è quanto ha stabilito la Suprema Corte, con la sentenza n. 5097 del 5.3.2014, dichiarando inammissibile e infondato il ricorso proposto dal padre avverso un provvedimento del Tribunale per i Minorenni.

La vicenda in questione riguarda due nonni e una zia materni che hanno proposto ricorso al Tribunale per i Minorenni di Bari rappresentando una grave situazione di estromissione dal legame affettivo e relazionale con il nipote provocata dal comportamento ostativo del padre dopo la morte della moglie. Gli ascendenti materni chiedevano al Tribunale di adottare i provvedimenti necessari a ripristinare il rapporto con il minore.

Il Tribunale per i Minorenni, in un primo provvedimento provvisorio, nominava un curatore speciale per il minore e fissava un’udienza per l’ascolto dello stesso; stante il perdurare della difficoltà per far partecipare il minore al procedimento e per il ripristino della relazione con i congiunti materni, il giudice delegato rimetteva il procedimento al Collegio che emetteva un primo decreto nel quale si disponeva un calendario di incontri tra nonni/zia e minore, si intimava al padre di non ostacolare la relazione fra il minore e gli ascendenti e si incaricava il servizio sociale e il consultorio del comune di vigilare sulla vicenda.

Contro il provvedimento proponeva reclamo il padre, dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello perché proposto avverso un provvedimento meramente interlocutorio.

Il Tribunale per i Minorenni, parzialmente accogliendo le richieste avanzate dal P.M., emetteva un secondo provvedimento nel quale, dopo aver constatato che il padre ostacolava sia l’audizione del figlio da parte del Tribunale sia la frequentazione degli ascendenti materni, adducendo, a propria discolpa, uno stato di turbamento a carico del figlio, fissava un’udienza per l’ascolto del minore, ritenuto indispensabile.

Contro tale decreto il padre proponeva ricorso per Cassazione.

Il procedimento innanzi al TM proseguiva e il Tribunale, dopo aver riscontrato nuovamente il netto rifiuto del padre a consentire agli esperti nominati di svolgere una valutazione obiettiva del minore, emanava nuovo decreto con il quale disponeva una consulenza tecnica di ufficio.

Anche contro questo tale decreto il padre proponeva ricorso per Cassazione, deducendo:- – violazione del dettato costituzionale del giusto processo, poiché i provvedimenti emesso colpiscono una persona fisica estranea al processo;
– violazione dell’habeas corpus, in quanto il giudice ha disposto l’audizione e l’accertamento peritale di una persona che non era parte del processo;
– la non configurabilità di una necessità di bilanciamento tra l’interesse del minore e il diritto di visita degli ascendenti, non essendo quest’ultimo nemmeno un diritto soggettivo perfetto;
– non considerazione delle condizioni di salute del minore;
– la scelta incongrua di nominare un curatore speciale estraneo al minore, dovendosi invece considerare la possibilità di nominare il suo legale rappresentante, ovvero il padre.

La Suprema Corte, dichiarando il ricorso “in larga parte inammissibile e sotto altri profili manifestamente infondato” affermava che: da una parte “il ricorso è inammissibile perché investe statuizioni destinate ad assumere un mero carattere strumentale e non decisorio. Inoltre (…) i provvedimenti, emessi in sede di volontaria giurisdizione, che dettino disposizione per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell’articolo 333 c.c., in quanto privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non sono impugnabili”. Dall’altra, pronunciando principi di diritto degni di plauso, affermava che il ricorso dovesse considerarsi “manifestamente infondato perché denuncia una inesistente lesione di diritti fondamentali per opera delle statuizioni adottate dal Tribunale (…) in un’ottica di totale fraintendimento della finalità e della efficacia della disposta audizione del minore e della ricerca degli strumenti per la ricostruzione del rapporto affettivo con i congiunti materni”. Prosegue poi ribadendo che nel caso in questione “è in gioco una parte importante dei rapporti affettivi e educativi del minore in quanto la contrapposizione del padre ai congiunti del ramo materno comporta la rescissione, nella fase evolutiva della formazione della personalità del ragazzo, di una sfera affettiva e identitaria assolutamente significativa e che lo espone a una vicenda esistenziale particolarmente dolorosa se si tiene conto della scomparsa prematura della madre”.

 

Continuando la lettura della sentenza, si può piacevolmente riscontrare che gli ermellini enunciano l’importanza assoluta dell’ascolto del minore, affermando che “è evidente che un ruolo centrale assume in questa prospettiva l’ascolto del minore. E sarebbe assurdo concepire tale previsione come imposizione al minore di un’attività processuale da assumere coercitivamente (…). La garanzia di una capacità professionale e imparziale all’ascolto è (…) assicurata dalla integrazione della funzione giurisdizionale con le competenze degli operatori sociali e psicologici messe a confronto con la valutazione dei consulenti di parte. La tutela della posizione processuale del minore è a sua volta demandata alla presenza di un curatore speciale”. Con quest’ultima affermazione viene negata la rimostranza del padre che deduceva la mancata partecipazione del minore al procedimento; la Corte di Cassazione, inoltre, ha ritenuto che non fosse possibile la partecipazione del minore a mezzo del suo legale rappresentante in quanto è ravvisabile un conflitto di interessi “ogni volta che l’incompatibilità delle rispettive posizioni è anche solo potenziale, a prescindere dalla sua effettività; ne consegue che la relativa verifica va compiuta in astratto ed ex ante secondo l’oggettiva consistenza della materia del contendere dedotta in giudizio, anziché in concreto a posteriori (…). Pertanto, in caso di omessa nomina di un curatore speciale, il giudizio è nullo per vizio di costituzione del rapporto processuale e per violazione del principio del contraddittorio”.

Nella parte conclusiva, la Suprema Corte ribadisce come oggetto del procedimento “non è come pretende il ricorrente l’accertamento del diritto di visita da parte dei nonni e della zia del ramo materno del minore, ma è invece l’accertamento del diritto del minore a conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale” affermando poi come non appare contestabile che “l’impedimento da parte di un genitore all’esercizio del diritto del minore a conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti del ramo genitoriale del genitore scomparso costituisca, almeno in astratto, una condotta pregiudizievole per il figlio secondo la previsione dell’art. 330 c.c. e ss.”.

Viene, infine ribadito questo importantissimo principio, dichiarando che “in tema di ascolto e audizione del minore il principio generale cui si aspira la giurisprudenza di legittimità (…) è stato di recente affermato dal legislatore italiano con l’articolo 315 bis c.c., introdotto dalla Legge 10 dicembre 2012, n. 219” il quale “prevede il diritto del minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, e quindi anche in quelle relative all’affidamento dei genitori, salvo che l’ascolto possa essere in contrasto con il suo superiore interesse. E’ errato pertanto ritenere che l’audizione del minore possa costituire una restrizione della libertà personale costituendo al contrario una espansione del diritto del minore”.

Si consiglia la lettura di questa sentenza (di seguito allegata), in quanto fotografa una situazione che, seppur nella sua specificità, riguarda oggi un sempre maggior numero di soggetti, i quali non vengono adeguatamente tutelati.

Nell’ottica di una sempre maggiore considerazione della volontà del minore, oggi molto più ‘maturo’ e consapevole rispetto al passato, nasce la speranza che la suddetta sentenza possa fungere da apripista a molte decisioni successive e ad essa conformi, nelle quali il minore possa trovare piena tutela e ascolto, per un pieno sviluppo della sfera personale. (Federico Tufano)