Una pronuncia avvilente e desolante. Una decisione manifestamente irrispettosa delle prerogative e dei diritti dei disabili psichici gravi, che stigmatizza l’anziano colpito da Alzheimer con la misura dell’interdizione, ritenuta congrua e idonea.
È una sentenza che lascia perplessi, esitanti. Perche non è agevole comprendere le ragioni che conducano ancora, a sei anni dall’esordio dell’ADS, e dopo numerosi interventi ermeneutici delle Corti Superiori a riguardo, a preferire, talvolta, la mortificante misura dell’interdizione in luogo di quella dell’ADS.
La sentenza del Tribunale di Cassino oggetto di attenzione rappresenta, purtroppo, una di queste ipotesi.
Invero, precisa il Tribunale, l’ADS costituisce misura di protezione sufficiente per soggetti con specifiche incapacità ancora in grado di esplicitare adeguatamente valide capacità residue, o per soggetti del tutto privi di capacità quando si trovino nell’impossibilità materiale di relazionarsi autonomamente con l’esterno e di porre in essere comportamenti idonei a produrre effetti giuridici e negoziali.
Tale misura di protezione – prosegue il Collegio – può però rivelarsi inadeguata ove sia necessario inibire al soggetto di esplicitare all’esterno capacità viziate che espongano sé o altri a possibili pregiudizi.
Nella fattispecie in esame, considerate la conservata capacità di locomozione e di produzione verbale, il soggetto potrebbe trovarsi esposto a rischi nell’atto di relazionarsi con terzi e con l’esterno in genere.
Ergo, la misura dell’interdizione è congrua. Quale sia poi il senso di interdire una ottuagenaria malata di Alzheimer evidentemente non rileva. Il Collegio mostra palesemente di non aver compreso la ratio e la portata della misura dell’ADS.
È pur vero, infatti, che la valutazione dell’idoneità della misura è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, in considerazione della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze concrete, ma l’ADS è una misura talmente modulabile e flessibile, da essere adattabile praticamente ad ogni situazione.
Pertanto, le argomentazioni addotte, quali il presunto annullamento delle capacità di intendere e volere, i deficit alla memoria, le turbe comportamentali non valgono a legittimare la mancata attivazione di una ADS, data la flessibilità della misura stessa.
Ma ciò che lascia perplessi è che, a sei anni dall’entrata in vigore della L. 6/2004, qualcuno diffidi ancora della misura di protezione, e tentenni a confinare l’interdizione entro ristretti limiti nonostante la sua natura gratuitamente afflittiva e umiliante. (Sonia Anzivino)