Con questo recentissimo provvedimento l’ Emilia si mostra – una volta ancora – all’avanguardia riguardo alla considerazione da riservare alle vecchie misure incapacitanti.
E’ noto che già Modena, con il magistrale esempio del giudice Stanzani, ha di fatto abrogato la desueta anticaglia oppressiva.
E questa è la volta di Reggio Emilia, il cui giudice tutelare mostra, nell’ appassionata motivazione di questo decreto, di avere piena consapevolezza riguardo al posto in cui collocare oggi l’interdizione.
Significativo, tra gli altri, il passaggio della motivazione che insiste sull’intervenuto mutamento dell’immagine sociale e della considerazione giuridica delle persone con disabilità, in ragione della avvertita (ormai estesamente) esigenza di integrazione, pur permanendo – sottolinea con rammarico il giudice- tendenze involutive e regressive resistenze al superamento delle condizioni di marginalità dei soggetti deboli. Tendenze involutive e regressive, dunque, non certo proprie – non osiamo pensarlo- di alcun settore della magistratura, la quale certo non mancherà di dimostrare, ad ogni occasione utile, la propria sensibilità evolutiva e progressista.
Incisivo è l’accento posto sulle esigenze di cura della persona, e sul diritto al sostegno su cui il g.t. ritorna, qua e là, lungo il proprio percorso argomentativo. Si faccia attenzione al seguente passaggio: “può dunque ritenersi recepito nel sistema del diritto positivo il principio per cui il sostegno e la cura della persona bisognosa di protezione, esigenza cui occorre avere prevalentemente riguardo, ai fini del bilanciamento degli interessi in gioco, non si limita alla sfera patrimoniale, ma attiene anche (rectius, principalmente) ai bisogni, ai diritti, alle forme di manifestazione dell’essere umano nella sua complessità (nel suo essere persona)”.
Vibrante, poi, la serie di aggettivi dedicati all’amministrazione di sostegno, descritta quale strumento di protezione “propositivo, e non interdittivo, espansivo e non inibitorio, personalizzato, modulabile e non standardizzato, frutto di una concezione dei diritti delle fasce deboli della popolazione veramente conforme al precetto costituzionale di promozione del pieno sviluppo della persona umana (art. 3, comma 2, Cost)”.
Da vera e propria messa al bando, per converso, la rappresentazione delle vecchie anticaglie incapacitanti: “la finalità della l. n. 6/2004 consiste nell’espressa intenzione di ridurre al minimo i casi di ricorso all’interdizione e all’inabilitazione, istituti tradizionalmente ispirati ad un’ormai superata astratta ed aprioristica visione custodialistica e preservatrice degli interessi di natura patrimoniale del soggetto debole, nell’ambito di un’evolutiva concezione personalistica dell’individuo, che sembra trovare sostanziale rispondenza nella definizione di salute dell’OMS e nella tutela degli incomprimibili diritti fondamentali della persona solennemente previsti dalla Costituzione”.