Il giudice dell’interdizione deve chiedersi se applicare l’Ads

Scritto il 28 Maggio 2007 in Amministrazione di Sostegno Dc-Interdizione e Inabilitazione

Si tratta della terza pronuncia della cassazione in materia di amministrazione di sostegno: apprezzabile pur nella propria stringatezza, e nonostante l’ apparente riluttanza della S.C. a soffermarsi ulteriormente su un profilo già ampiamente affrontato proprio un anno fa (Cass. n. 13584/2006).

L’argomento, in effetti, è ancora quello della linea di confine tra gli istituti di protezione vecchi e nuovi, tra le misure di incapacitazione moribonde e il cuore pulsante dell’attuale sistema di protezione dei soggetti deboli.

E’ vero, sì, che era questa una ulteriore occasione propizia per ribadire, puntualizzare, rifinire: in scena, al Palazzaccio, un giudice di merito che aveva totalmente trascurato di considerare la nuova misura di protezione, decidendo per l’ interdizione, come se nulla fosse cambiato a partire dal gennaio 2004.

L’ appiglio giusto – dunque – per riprendere in mano la pronuncia di un anno fa, e levigare, cesellare, tornare a fare il punto.

Ma sarebbe stato inutile e ridondante, tutto sommato (questo deve avere pensato l’estensore); orientandosi, allora, a censurare l’ imperdonabile gap valutativo della corte d’appello, la quale – queste le testuali parole – ha totalmente omesso di valutare l’opportunità di soprassedere alla pronuncia di interdizione.

Il giudice di merito ha compiuto un iter valutativo erroneo, trascurando di prendere in considerazione la nuova misura di protezione; ha fatto i conti senza l’oste, insomma, e allora, dovrà essere chiamato a rimeditare la propria decisione, calandosi nel nuovo firmamento del sistema di protezione dei soggetti deboli.

Una sentenza concisa, e un tantino (troppo) stringata, se vogliamo; indulgente anche, laddove ribadisce la discrezionalità valutativa (purchè sorretta da motivazione congrua) del giudice di merito; ben consapevole, tuttavia, della necessità di riferirsi in modo imprescindibile alla nuova logica del sostegno insediatasi per mano del legislatore del 2004: una logica che sospinge verso la limitazione dei casi di interdizione a favore di ‘istituti compatibili’ (è l’espressione qui usata dalla S.C.), in grado di conservare quanto più possibile la capacità di agire alla persona.

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