Un nuovo uppercut all’interdizione

Scritto il 22 Aprile 2009 in Amministrazione di Sostegno Dc-Interdizione e Inabilitazione

Anche questa volta, come già nel giugno 2006, è il collegio presieduto dalla dr.ssa Luccioli ad affermare un chiaro principio di diritto sul versante del discrimen tra misure di protezione vecchie e nuove: “Nel giudizio di interdizione il giudice di merito, nel valutare se ricorrono le condizioni a mente dell’art. 418 c.c. per applicare l’amministrazione di sostegno, rimettendo gli atti al giudice tutelare, deve considerare che rispetto all’interdizione e all’inabilitazione, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa, ben potendo il giudice tutelare graduare i limiti della sfera negoziale del beneficiario dell’amministrazione di sostegno a mente dell’art. 405, co. 5, nn. 3 e 4 c.c. in modo da evitare che questi possa essere esposto al rischio di compiere un’attività negoziale per sé pregiudizievole”.

L’assonanza con il precedente arresto (sentenza n. 13584 del 12 giugno 2006) è ben percepibile, e lo si coglie dall’intera motivazione; non senza, però, alcuni significativi elementi di differenziazione:

(i) in primo luogo, la valorizzazione ancor più accentuata della neo-misura, con la sottolineatura delle sue potenzialità applicative. Sottolinea, infatti, il collegio che il giudice tutelare, attraverso l’Ads, può potenziare o depotenziare l’estensione della sfera negoziale del beneficiario, con ciò evitando che questi corra il rischio di farsi del male da sé. I riflettori sono puntati, dunque, sulla idoneità dell’amministrazione di sostegno a presidiare l’intero universo della fragilità umana;

(ii) corollario di quanto sopra, il passare in secondo piano della ricerca del discrimen tra strumenti dell’ ancien regime e strumenti attuali. Mentre, infatti, la sentenza del giugno 2006 individuava l’ambito applicativo – pur residuale – dei vecchi presidi (tanto che si osservò in proposito: “Una buona sentenza, che fa onore alla nostra Cassazione (…) la prossima volta sarà possibile, tuttavia, farne una ancor migliore” (Cendon, in Cendon e Rossi, Amministrazione di sostegno. Motivi ispiratori e applicazioni pratiche. Collana Sistemi Giuridici, Utet, Torino, 2009, t. I, 271) ), il principio di diritto da ultimo affermato sorvola completamente sulla individuazione della linea di confine.

Non dunque il tracciamento dei paletti per applicare l’una o l’altra misura è al centro di questo intervento della Cassazione, quanto, piuttosto, il puntare i riflettori sulla fecondità dell’Amministrazione di sostegno.

Nella sentenza del 2009, per meglio dire, viene meno il riferimento ai due parametri, funzionale (attività che è necessario compiere nell’interesse della persona) e quantitativo (gravità della condizione psico-fisica di questi) attorno ai quali ruotava la sentenza precedente. E il baricentro appare spostato su un binomio in parte differente: da un lato le attività da compiersi (ed è sempre il criterio funzionale), e, dall’altro, l’idoneità dell’amministrazione di sostegno a farvi fronte, ad assicurare cioè che quelle attività vengano compiute; criterio questo che si potrebbe definire “strumentale”.

Il giudice dovrà guardare a ciò che deve essere fatto per presidiare adeguatamente il soggetto debole, al tipo di attività da compiersi; e, sulla base della legittimazione che gli proviene dall’art. 405 c.c., identificare in modo analitico, elencandoli, gli atti che il vicario sarà chiamato a compiere in sostituzione del beneficiario, come pure gli atti che rimarranno nella sovranità gestionale del secondo.

Tale modo di procedere, statutariamente previsto, rappresenta – ecco il messaggio centrale dell’intera pronuncia – la bussola per orientarsi nella definizione del progetto di sostegno: graduandolo a seconda del bisogno, fino – in ipotesi e se davvero necessario – limitando il ventaglio delle iniziative negoziali autonome (r.r.)

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