Accade spesso che i convegni sull’amministrazione di sostegno siano densi di aspettative, di pathos; non sorprende, dunque, che ciò sia avvenuto anche a Cremona il 6 ottobre scorso, in occasione dell’incontro organizzato dall’ Anffas e da altre associazioni di disabili.
Eppure il teatro Monteverdi era pervaso da sentimenti di particolare attenzione, quasi da un’ attesa di riscossa, rispetto a ciò che ancora a Cremona proprio non va.
Quanti sono gli abitanti di Cremona? 71.000 è stata la pronta risposta dell’assessore alle politiche sociali. E i soggetti bisognosi di protezione possono stimarsi, allora, in circa 6.000 (prendendo per buona la percentuale nazionale che stima i soggetti deboli in un 8% della popolazione).
Vogliamo essere ottimisti? Diciamo che i disabili cremonesi potrebbero essere 4.000 – un dato sufficientemente attendibile. Questo il calcolo fatto da Paolo Cendon, nella relazione introduttiva.
Sentiremo allora dal giudice tutelare qual è la situazione, quante sono, cioè, le amministrazioni di sostegno aperte all’ombra del Torrazzo, a far tempo dal gennaio 2004.
Un dato numerico, diciamo subito, che in effetti non arriverà – ed, anzi, lasceremo la sede del convegno con questa curiosità non appagata. Se tanto ci dà tanto, occorrebbe concludere che le amministrazioni attivate sono in verità assai poche …
La conferma viene dall’impianto generale della relazione del g.t., il cui contenuto essenziale è il seguente: sì all’amministrazione di sostegno nei casi in cui la condizione della persona non risulta di gravità tale da determinare un totale annichilimento delle facoltà cognitive. In tali casi, anzi, ben venga la nuova misura di protezione, la quale si presta egregiamente a fronteggiare le difficoltà organizzative delle persone un po’ annebbiate – relativamente, quantomeno, alle attività poco complesse.
Riguardo all’interdizione, invece – prosegue il g.t. – il tribunale cremonese ha accolto l’interpretazione estensiva (che è quanto dire l’ interpretazione restrittiva in merito all’amministrazione di sostegno), pretesamene giustificata/suggerita dalle pronunce della Corte Costituzionale e della Cassazione.
La città dello Stradivari figura, dunque, saldamente allineata – apprendiamo – all’ orientamento torinese, quello notoriamente più sordo e riluttante ad accogliere l’idea che le necessità dei deboli non vanno affrontate a colpi di stigma, di rigorismi applicativi, con le camicie di forza.
Più d’uno gli argomenti del g.t. per giustificare tanto imbarazzante chiusura: per lo più motivi scopertamente formalistici, comunque costruiti attorno all’idea che, tutto sommato, un certo relativismo interpretativo sia oggi pienamente legittimo. Come dire, il raggio applicativo dell’amministrazione di sostegno è discrezionalmente definibile (peccato che la Cassazione del giugno 2006 qualcosa abbia detto in proposito!).
Ma, anche a voler ammetterlo, questa discrezionalità applicativa – obiettiamo – potrà spingersi fino al punto di rinnegare lo stesso spirito informatore della riforma? Un gioco pericoloso, non vi pare?
E che la giustizia in questa parte della Lombardia venga ancora amministrata calandola dall’alto, in modo distante dalle aspirazioni dei ‘deboli’ , lo conferma il fatto che – sorpresa finale – il progetto di riforma di “Persona e danno” viene salutato dal relatore/magistrato con particolare favore, con entusiasmo quasi: in quel momento, finalmente (ecco il succo dell’ultima parte della relazione del g.t.), tutto sarà semplificato, vi sarà un solo giudice a gestire tutto quanto – niente più problemi di passaggio del fascicolo, niente più complicazioni procedurali né organizzative.
Ci perdoni signor giudice: Lei prima aveva detto una cosa alquanto diversa, e cioè che l’apertura di procedure di amministrazione di sostegno viene oggi ostacolata, tra l’altro, da difficoltà di tipo organizzativo: ebbene, come pensare che queste non vi saranno più domani, soltanto perché l’istituto dell’interdizione sarà scomparso nominalmente dal codice civile?
Quel giorno certo – e gliene diamo atto – sarà tutto chiaro per tutti quanti, finalmente; ma ciò che si potrà fare allora si può, in effetti, fare già oggi, come sta avvenendo ad es. a Modena, a Bologna, a Roma, a Trieste, a Genova, a Venezia, e in numerose altre città.
Che fare, allora? I “deboli” stanno invocando ascolto da parte Sua e dei Suoi colleghi di sezione; possiamo rassicurarli che almeno Lei ci penserà?
Noi siamo abbastanza fiduciosi, perché – me lo consenta – quel fare oratoriale un tantino abbottonato non riesce a nascondere la gentilezza, l’umanità. Forse fin qui il g.t. di Cremona si è sentito solo, e questo si può ben comprenderlo: un uomo solo non può fare tutto.
Forza, allora, con il “tavolo comune” – servizi, assessorato, ASL, magistrati, volontariato – per la gestione dell’ADS a livello territoriale!
Appuntamento a tra un anno, ci siamo detti, e buon lavoro!
Ma, per favore, riferisca ai Suoi colleghi, che aprendo di tanto in tanto le finestre del Palazzo, potranno udire un suono inconfondibile: sono – nella città della musica non poteva essere diversamente – i violini dei deboli, dei meno fortunati, portati fin lì per fare in modo che un suono gentile possa salire dal basso fino a loro.