La motivazione di questo provvedimento fiorentino è tanto secca e stringata, quanto eccessivamente sbrigativa, ed in definitiva, assai poco convincente: (i) sia perché sembra ignorare che la questione è di quelle spinose, avendo già occupato le pagine delle cronache qualche tempo fa in occasione del ‘famoso’ decreto del g.t. di Modena del 5.11.2008 e che, dunque, non può essere liquidata con un approccio riduttivo e formalistico; (ii) ma anche perché stigmatizza con espressioni di rimprovero (inconsuete per un provvedimento giudiziale), l’iniziativa dei reclamanti.
Questi – va allora chiarito – avevano impugnato il provvedimento con cui il giudice tutelare aveva negato la nomina di un amministratore di sostegno in previsione di un’eventuale futura incapacità, con particolare riferimento alle scelte di autodeterminazione terapeutica; e la decisione di rigetto del g.t. era stata motivata con la mancanza della condizione attuale di incapacità dell’interessato.
La corte d’appello respinge il reclamo, qualificando la tesi dei reclamanti come “insensata sotto ogni profilo logico e pragmatico”, caratterizzata da “insuperabili incongruenze logiche”, da “gratuità letterale”. E non solo. Si legge, altresì, di “colossale stoltezza pragmatica” dato che – questa la ragione della stoltezza – “ove la tesi in commento dovesse sciaguratamente diffondersi”, il bel paese si ritroverebbe sommerso da “milioni di inutili amministratori di sostegno”.
Mi piace ricordare che un “insensato” e “stolto” provvedimento modenese del 5 novembre 2008 (si veda per il commento di Cendon e Rossi, Guida al diritto, 2009, 11, 35 ss.), seguito da un altrettanto “sciagurato” provvedimento del g.t. di Prato dell’ 8 aprile 2009 hanno motivatamente ammesso la possibilità così perentoriamente negata in terra toscana.
Ed è sufficiente leggere le argomentazioni degli indicati provvedimenti per comprendere come anche l’ iniziativa apparentemente più velleitaria porti con sé istanze sociali degne – perlomeno – di seria considerazione.
Venendo al merito della decisione, allora, espongo in breve il mio pensiero:
(a) le questioni toccate dal decreto in commento e da quelli che l’hanno preceduto attengono ai due versanti contigui del neo sistema di protezione dei soggetti deboli e della gestione del consenso informato sanitario, riguardo a detta categoria di persone. Si tratta di filamenti strettamente comunicanti tra loro sul terreno debologico;
(b) ciascuno di noi potrebbe divenire incapace di intendere e di volere, perdendo ogni stilla di lucidità cognitiva, in qualsiasi momento della vita, anche in via improvvisa ed inaspettata; e in tale condizione sopravvenuta, la persona potrebbe avere necessità impellente di essere sottoposta ad un intervento medico salvavita. Non è detto però – questo il punto – che la persona lo voglia, potendo liberamente e legittimamente (in virtù delle prerogative di rango costituzionale presidiate dagli artt. 2, 13 e 32 Cost. oltrechè dalla Convenzione di Oviedo) rifiutare l’intervento medico salvifico.
La mancanza della capacità di esprimere tale volontà nel momento in cui ciò si imponesse rischierebbe di vanificare l’esercizio di tali prerogative di rango costituzionale;
(c) d’altra parte, nell’eventualità di cui sopra, l’esistenza di una designazione anticipata ex art. 408 c.c., non completata però dall’ investitura ufficiale del rappresentante designato ad amministratore di sostegno, vanificherebbe l’utilità stessa della designazione: durante il tempo necessario alla nomina dell’amministratore da parte del g.t., la scrittura privata o l’atto pubblico di designazione non potrebbero avere alcuna utilità concreta. E, come osserva acutamente il giudice modenese “assumere, nella fattispecie, l’essenzialità del requisito dell’attualità, produrrebbe l’illogico cortocircuito di un’interpretazione abrogativa, nella più gran parte delle situazioni reali”;
(d) i tratti salienti dell’Ads – come è ormai ben noto – sono la sua estrema duttilità, la ritrosia rispetto a tentativi di confinamenti formalistici, la versatilità; l’Ads come abito su misura, insomma. Al contempo, come pure è oggigiorno assodato, l’ambito più fecondo di operatività del neo istituto è proprio quello della cura personae, che comprende in sé i profili sanitari;
(e) perché temere che la divulgazione della possibilità negata dai giudici fiorentini possa far proliferare milioni di amministratori di sostegno inutili? Non è forse, questo, un timore un po’ irrazionale, considerato che la nuova misura di protezione, nonostante le iniziative di sensibilizzazione condotte lungo tutto lo stivale negli ultimi quattro anni, risulta a tutt’oggi sotto-utilizzata?
E’ seriamente pensabile, poi, che milioni di italiani si rivolgerebbero al g.t. per ottenere la nomina anticipata dell’Ads, semplicemente perché ne hanno sentito parlare (non mi risulta che i due provvedimenti favorevoli di cui sopra abbiano generato tanto subbuglio presso gli uffici giudiziari) ? E, infine, è legittimo sbarrare la strada ad applicazioni evolutive di una legge solo per ragioni di economicità del sistema?
Credo, in definitiva, che si debbano evitare giudizi tranchant e troppo risoluti.
La questione è delicata e complessa. Tutto, però, dovrebbe ruotare attorno ad un dato inconfutabile: la legge sull’Ads ha in sè portata rivoluzionaria e come tale richiede un approccio da cantiere aperto; dovendosi, d’altra parte, procedere – di volta in volta – al vaglio attento e minuzioso della fattispecie concreta, e delle precise ragioni poste a base della domanda.