L’ordinanza n. 128 della Consulta non passerà certo alla storia per il coraggio dei principi enunciativi.
Una ‘scusante’, tuttavia, la si può ravvisare nel richiamo alla pronuncia con cui la Cassazione (pochi mesi prima) era intervenuta sulla medesima questione dell’assistenza tecnica. Dato che, in definitiva, la Corte di Cassazione aveva fatto luce in maniera sufficientemente risolutiva sul nodo della obbligatorietà o meno della difesa tecnica nel procedimento di amministrazione di sostegno, la Consulta ha, dunque, ritenuto (questa, perlomeno, l’impressione che si riceve leggendo l’ ordinanza) di poter sorvolare, limitandosi a ‘redarguire’ il giudice rimettente per quell’inopinata iniziativa.
Va ricordato, in effetti, che, ancora una volta, la questione di legittimità era stata sollevata da quel medesimo ufficio tutelare chioggino – pervaso evidentemente da sentimenti idiosincratici nei confronti del nuovo istituto – che aveva domandato alla Consulta di togliere di mezzo l’amministrazione di sostegno, costituendo essa – a suo modo di vedere – una sorta di istituto clone delle vecchie misure incapacitanti.
Il giudice rimettente – osserva il giudice delle leggi – neppure si è posto il problema di verificare la possibilità di pervenire, in via interpretativa, ad una soluzione conforme a Costituzione; se l’avesse fatto, alla luce dei chiarimenti intervenuti, non ci troveremmo oggi a dover tornare su una questione già risolta. La relativa iniziativa deve ritenersi, di conseguenza, inammissibile.