Il tribunale di Bologna torna su un caso già deciso, riguardo ad altro connesso profilo, nel novembre 2006..
Il caso era quello di Attilio e della Vesna: lui disabile, lei infermiera proveniente dalla Ex- Yugoslavia, assistente nella struttura in cui Attilio era stato collocato.
Tra i due era nata una relazione, sfociata poi in una convivenza more uxorio, a tutt’oggi perdurante.
Al crescente attaccamento alla Vesna, si era peraltro accompagnata una sempre maggiore insofferenza di Attilio verso il proprio amministratore di sostegno (amico di vecchia data).
Il punto nodale della pronuncia del 2006 aveva riguardato il respingimento della domanda di interdizione proposta dal p.m., avendo il collegio ritenuto – del tutto condivisibilmente – che Attilio potesse essere protetto adeguatamente con l’amministrazione di sostegno.
Il problema affrontato ora, in quest’ultima decisione, riguarda la possibilità di conferire in trust i beni pervenuti al beneficiario in successione ereditaria, beni che compongono un patrimonio cospicuo (circa euro1.258.000 in mobili ed immobili).
La consistenza del patrimonio e l’affetto (verosimilmente non del tutto disinteressato) nutrito dalla ex infermiera verso il disabile avevano, peraltro, già convinto il g.t. della opportunità di autorizzare l’istituzione di un trust, così come richiesto dall’amministratore di sostegno.
Questa, dunque, la particolarità della fattispecie: lo stesso amministratore di sostegno, pur già dotato di poteri molto ampi riguardo all’ amministrazione del patrimonio del beneficiario, aveva assunto l’iniziativa volta all’ istituzione del trust, come se il ruolo vicariale demandatogli non fosse adeguatamente protettivo. Si trattava, in altri termini, di stabilire se del trust ce ne fosse davvero bisogno o se esso si rivelasse veramente utile.
Va sottolineato che il confronto, svoltosi davanti al Giudice Tutelare nella precedente fase dell’istituzione del trust, tra l’amministratore di sostegno ed il beneficiario, assistiti dai rispettivi difensori, avevo convinto Attilio ad aderire all’iniziativa, tanto che il g.t. aveva autorizzato detta operazione.
Anche la risposta del tribunale bolognese, in merito al secondo atto (conferimento dei beni nel trust) è affermativa; e questo è il cuore della motivazione: tale strumento consente, nella specie, di garantire la conservazione (e la destinazione) del patrimonio (o meglio, di buona parte del patrimonio) senza dover ridurre ulteriormente la capacità di agire del beneficiario dell’amministrazione di sostegno.
In pratica, il tribunale ha ritenuto utile separare il patrimonio del beneficiario, autorizzandone una gestione autonoma, senza dover incidere in modo limitativo sulla sovranità gestionale di Attilio, beneficiario unico – beninteso – del trust.
Ecco, allora, per sommi capi, la soluzione adottata:
– scopo dell’operazione: prevenire la dispersione del patrimonio, unica fonte di reddito ed unica garanzia per Attilio, affrancandolo da ogni vicissitudine personale del suo beneficiario;
– beneficiario del Trust: soltanto Attilio;
– Trustee: un soggetto terzo – scelto sulla base di criteri di professionalità – sottoposto al controllo e ai poteri (anche di revoca) del giudice tutelare, e tenuto a confrontarsi con l’Amministratore di Sostegno.
– Ruolo del g.t.: vigilanza sull’operato del trustee e dell’amministratore di sostegno; coordinamento tra le rispettive funzioni
– Riflessi sulla Vesna: impedimento ad eventuali (ma solo ipotetici) raggiri (r.r.).