Jamal era stato trovato presso una stazione ferroviaria, apparentemente abbandonato, e collocato, pertanto, in una comunità, sulla base del disposto dell’art. 403 c.c.
Jamal, in realtà, pur senza una dimora stabile, avevqa papà, mamma e dei fratelli ai quali era profondamente unito da un forte legame affettivo. La famiglia si trovava in condizioni di povertà estrema, ma Jamal appariva accudito; aveva gli abitini rammendati, ma rifiutava le scarpe nuove offertegli dalla comunità di accoglienza, poiché voleva conservare le sue cose. Gli agenti lo avevano rassicurato che il papà sarebbe andato a prenderlo, cosa che nei giorni successivi non si era verificata, e il bambino, allora, era diventato diffidente, e rifiutava di mangiare, restandosene appartato e taciturno.
Poi, tranquilizzato gradualmente dagli educatori, si era aperto, a aveva iniziato a raccontare di sé e della famiglia; e parlava tanto della mamma e dei fratelli. Elementi tutti – questi e gli altri indicati nella motivazione – che non possono essere trascurati, e che, anzi, devono essere attentamente valutati per una applicazione congrua ed adeguata dell’art. 403 c.c.; norma che – rammenta l’estensore – nella sua formulazione affatto generica, è e rimane disposizione di natura cautelare, che incide gravemente su diritti fondamentali della persona, e che, di conseguenza, deve essere applicata con grande prudenza e solo in casi di gravissima necessità ed urgenza.Il premuroso giudice non ha dubbi, in proposito: Jamal è povero ma è fortemente legato alla propria famiglia, alla quale, dunque, deve essere ricongiunto. Spetterà, poi, ai servizi sociale approntare gli interventio necessari ad aiutare e sostenere il nucleo familiare.
Un provvedimento, questo del giudice minorile lombardo, particolarmente apprezzabile, poichè mostra di saper porre al centro della valutazione e della conseguente decisione il bambino, la sua sensibilità, e i suoi bisogni affettivi.