«Tu sei violento». «Invece no, la colpa è tutta tua». L’amore finisce e gli ex partner si denunciano a vicenda, ma in sede di separazione non contano ai fini dell’addebito le querele dall’esito ancora incerto, che si riferiscono a episodi successivi alla comparizione delle parti all’udienza presidenziale. Lo precisa la Cassazione con l’ordinanza 13185/09, emessa dalla prima sezione civile.
Guida all’esame. La Suprema corte torna sulla norma contenuta nel secondo comma dell’articolo 155 Cc. Per decidere se addebitare la separazione a uno dei coniugi – ricordano gli “ermellini” – il giudice deve andare alla ricerca di un nesso di causalità: ciò che conta è accertare se vi sia stato, ad opera di una delle parti, un comportamento contrario rispetto ai doveri del matrimonio che abbia fatto in modo che la prosecuzione della convivenza divenisse intollerabile (Cassazione 12383/05; 13747/03, massima nella Rassegna dell’8 novembre 2003; 14162/01; 12130/01; 279/00).
Pari e patta. Niente da fare per il ricorso dell’affidataria del minore: esce confermato il rigetto della domanda di addebito della separazione proposta da entrambi i coniugi, una famiglia dell’agiata provincia italiana. Ma non tranquilla: lei sostiene che la condotta aggressiva di lui sarebbe desumibile dalle numerose denunce e querele presentate contro l’ex marito. Lei, però, «partecipava in modo attivo» alle liti, almeno secondo i testimoni ascoltati. Risultato: l’impossibilità di andare avanti nel rapporto coniugale non è ascrivibile a uno dei due (sull’addebito cfr. Cassazione 6697/09, 13431/08, 14042/08, 2740/08 negli arretrati 28 marzo 2009 e primo luglio, 31 maggio, 11 marzo 2008). Né giova a lei lamentare un vizio di motivazione, laddove è proposta un’autonoma versione dei fatti (Cassazione 12747/03).
Il testo della sentenza è tratto da dirittoegiustizia.it