La Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha rigettato il ricorso della moglie che denunciava l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di appello sul punto dell’assegnazione della casa coniugale. Il giudice di appello, infatti, aveva revocato la precedente assegnazione (disposta a suo favore dal tribunale), di un immobile non costituente la casa coniugale; e ciò aveva disposto considerando che l’assegnazione non poteva fondarsi sui desideri del minore, ma esclusivamente sull’importanza del suo eventuale sradicamento del precedente habitat domestico, che nella specie non vi era stato.
La SC richiama la consolidata giurisprudenza in merito e afferma che l’assegnazione della casa coniugale prevista dall’art. 155, quarto comma, cod. civ., rispondendo ad un’esigenza di conservazione dell’ “habitat domestico“inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, ed esclude ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità.
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