Padri non affidatari riabilitati in caso di abusi sessuali commessi dai figli – Vittorio Vezzetti

Scritto il 10 Febbraio 2010 in Dc-Danno Patrimoniale

Giustizia apparentemente esemplare a Milano. La Giustizia che, sempre più di rado, ci rende orgogliosi di appartenere a questo Paese. La Giustizia che tutti noi vogliamo! Il fatto: alcuni ragazzini violentano ripetutamente una dodicenne e i genitori vengono condannati a versare 450.000 euro per il danno morale causato dall´orrendo crimine. Tutti condannati. Perchè la legge, in Italia, è uguale per tutti. Lo è anche per il papà separato dal figlio violentatore, papà che aveva ottenuto dallo stesso Tribunale il diritto (dovere) di frequentare il figlio soltanto poche ore mensili. Genitore “cornuto e mazziato”, diciamo noi.

Egli, infatti, era stato allontanato dal figlio (lasciato con la madre), aveva perso la casa (assegnata alla madre), era stato onerato del mantenimento per la prole e, in definitiva, era stato ridotto a potere dare il suo contributo morale ed educativo per un tempo marginale. Perché quello, gli avevano raccontato, era l´interesse del minore. Ma, al momento di pagare per le colpe del figlio… reintegrato a pieno titolo nel ruolo di genitore ! Non al 10%, come aveva detto il Tribunale. Avete capito bene: a tempo pieno!!  Inutilmente l´avvocato ha fatto presente al giudice che il papà, con poche ore al mese a disposizione, poca influenza poteva avere sulle scelte educative esercitate dall´altro genitore, visto che, con una lungimiranza che tutti ormai conosciamo, i giudici del Tribunale civile avevano fatto la solita scelta aprioristica della madre faro di educazione.

Altrettanto inutilmente lo stesso avvocato ha aggiunto che esiste ampia casistica di padri che hanno cercato di essere più presenti e che sono stati persino denunciati per stalking, oppure redarguiti in fase di procedimento ex art. 709 ter c.p.c. e, in un caso inverso di nostra conoscenza diretta, indagati per avere concesso alla madre non affidataria più tempo da trascorrere col figlio. L´avvocato ha cercato di fare capire al giudice penale che il papà non poteva avere frecce al suo arco per raddrizzare la situazione. Tutto inutile: il padre aveva la potestà genitoriale e, anche se ridotta a poche ore mensili per scelte giudiziarie non condivise, è responsabile esattamente come l´altro genitore. Estendiamo il ragionamento: la corte d´appello di Lecce ha recentemente consentito l´affido condiviso di una bambina che, all´età di 9 anni, aveva deciso di non volere più vedere il papà, il quale è persona irreprensibile che vive, per scelta imposta arbitrariamente dalla madre, a 800 km dalla piccola.

Nel rispetto dei desideri della bimba, veniva concesso l´affido condiviso ma… senza diritti di visita. Stia attento questo papà: in caso di guai causati dalla ragazzina, la Giustizia si ricorderà improvvisamente del suo valore educativo “in astratto” o, senza troppa ironia, “telecinetico”. Ma poi, esiste davvero questo valore educativo? Il giudice Angela Minerva, nel famoso processo di Varese (minore parte civile), ha sentenziato che il papà che non ha visto il figlio, contrariamente a quanto stabilito dall´ordinanza del giudice, ha diritto a un risarcimento.

Ma ha specificato che il minore, invece, non ha diritto ad essere risarcito perché, in quanto piccolo, non ha avuto palese negazione di  aspettative o disillusioni per non aver potuto frequentare il padre. Non ha sofferto, insomma. Perché, in quel caso, il danno è stato collegato solo alla sofferenza e non al valore morale ed educativo del genitore. Il contrario di quanto stabilito a Milano. Un peso, due misure. Come accade spesso, troppo spesso, nel pianeta giustizia italiano. (V. Vezzetti)

Il testo della sentenza è tratto da adiantum.it