Affidamento condiviso quale regola fondamentale dell’ordinamento

Scritto il 17 Dicembre 2009 in Dc-Rapporti tra genitori e figli

L’affidamento condiviso, che si concretizza nell’esercizio da parte di entrambi i genitori della potestà genitoriale e di una condivisione tra gli stessi delle decisioni di maggiore importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore, è una regola del nostro ordinamento giuridico, mentre oramai è divenuta eccezione la soluzione dell’affidamento esclusivo del minore ad uno soltanto dei genitori.

Regola cui è possibile derogare soltanto quando la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”. L’individuazione concreta delle circostanze ostative all’applicazione del predetto affidamento è di competenza del Giudice di merito, che deve realizzarla attraverso un provvedimento motivato che specifichi quali siano le peculiarità della fattispecie concreta che giustifichino il ricorso all’eccezione dell’affidamento esclusivo.

Deve, quindi, risultare, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come nel caso, ad esempio, di un’obiettiva lontananza del genitore dal figlio, o di un sostanziale disinteresse per le complessive esigenze di cura, istruzione e di educazione del minore), con la conseguenza che l’esclusione della modalità dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sull’idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sull’inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento.

Ecco lo stralcio della motivazione:

Da tali principi, applicabili anche ai casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall’art. 4, comma 2, della legge 2006/54, la Corte di merito, nella specie, non si è discostata. Infatti, in relazione alla violazione dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, i giudici di appello hanno congruamente motivato, osservando che D. I. è rimasto totalmente inadempiente e pertanto «…non ha manifestato, sin dal lontano omissis, alcuna volontà di fronteggiare i bisogni materiali dei propri figli, magari offrendo loro quanto era nelle sue possibilità materiali…», in quanto «…l’obbligo di un genitore di provvedere al mantenimento dei figli implica il dovere di soddisfare primariamente le esigenze dei figli stessi e quindi di anteporre le esigenze di questi alle proprie…».

Di conseguenza, sempre secondo la Corte di merito, la eventuale esiguità del reddito a disposizione non giustifica la totale inadempienza, protratta per molti anni, da parte del genitore e tale inadempienza «…incide, con riferimento ai figli, non solo sul piano strettamente materiale, impedendo loro la possibilità di sfruttare al meglio le proprie potenzialità formative, ma incide, ancora di più, sotto il profilo morale…» essendo sintomatica della mancanza di qualsiasi impegno da parte del genitore inadempiente diretto a soddisfare le esigenze dei figli «…e quindi della carenza di responsabilizzazione nei loro confronti e di inidoneità del detto genitore a contribuire a creare per i propri figli quel clima di serenità familiare necessario per una sana ed equilibrata crescita».

Quanto al discontinuo esercizio del diritto di visita, la Corte di merito, dopo aver posto in evidenza la mancanza di prova in ordine agli ostacoli asseritamente frapposti dalla madre dei minori all’esercizio di tale diritto, ha osservato, con adeguata e logica argomentazione, che il comportamento del D. I., già gravemente inadempiente all’obbligo di mantenimento dei figli, è altamente sintomatico della sua inidoneità «…ad affrontare quelle maggiori responsabilità che un affido condiviso comporta anche a carico di quel genitore con il quale il figlio non stia stabilmente…» e determina concretamente una situazione di contrarietà all’interesse del minore ostativa per legge (art. 155 bis, comma 1, c.c.) ad un provvedimento di affidamento condiviso, «…non valendo ad offrire ai figli quell’ambiente familiare stabile e sereno a cui gli stessi hanno pure diritto».

Alla stregua delle considerazioni che precedono, devono ritenersi insussistenti sia la dedotta violazione degli artt. 155 e 155 bis c.c. che i prospettati vizi di motivazione della sentenza impugnata, considerato altresì che le ulteriori censure sollevate dal ricorrente si risolvono in doglianze di merito, non consentite in sede di giudizio di legittimità, in ordine alla valutazione delle risultanze processuali ed all’accertamento dei fatti di causa da parte della Corte di appello.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e le spese processuali, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.