Eccoci alla questione fatidica: il figlio può scegliere il genitore con cui convivere?
E’ noto che il figlio minorenne è spesso al centro della contesa tra i due genitori separati o separandi.
E, sempre più spesso, ciascun genitore si aspetta in cuor suo che sia il figlio, magari ancora in tenera età, ad esprimersi e a decidere con quale genitore rimanere nella casa familiare. Convinto in cuor suo che il figlio non lo tradirà!
Ma questo è possibile e opportuno? E’ possibile cioè che spetti a un bambino compiere una scelta così complessa e delicata?
Se ti rispondessi che sì, il bambino può decidere con quale genitore continuare a convivere dopo la separazione, ti offrirei una risposta vaga, incompiuta e non del tutto corretta.
E allora cerchiamo di fare chiarezza. Tieni presenti questi punti fermi:
1. Il bambino non decide chi sarà il genitore con cui convivere
Egli semplicemente è chiamato ad esprimere i propri desideri, il proprio punto di vista. Dopodichè, in mancanza di un accordo tra genitori, è il giudice che decide. Facciamo un esempio.
Carletto si presenta al giudice e gli dice: “Caro Giudice sono contento di essere qui, perché volevo dirti che io voglio vivere soltanto con il mio papà. Me lo ha detto lui di venire da te per comunicarti questa cosa”. Oppure: “Sì sì io voglio vivere con la mamma perché mentre il papà mi costringe a fare i compiti, la mamma mi lascia giocare tutto il tempo che voglio”. E’ chiaro che in casi simili non è affatto detto che assecondare il desiderio del minore sia la cosa più giusta per lui.
E la ragione è evidente: nel primo esempio, è evidente che la dichiarazione del bambino proviene da un condizionamento del genitore (che potrebbe essere anche la mamma, beninteso!); nel secondo esempio, il minore compie un’affermazione di comodo (i bambini sono, infatti, furbetti, e potrebbero esprimere preferenze pensando a ciò che conviene loro!).
2. Conta anche l’età del figlio
Se un bambino ha meno di 10-12 anni non viene neppure ascoltato dal giudice.
Un bambino di 3, 5, 8 anni non ha la maturità e consapevolezza necessarie per decidere questo aspetto della propria vita.
Se, invece, il figlio minore è adolescente, diciamo 15, 16, 17 anni, la volontà da lui espressa è effettivamente vincolante. Poniamo che viva con la madre ma che esprima il desiderio di andare a vivere con il padre. Certamente, potrà farlo. Il caso delicato è quello del passaggio dall’infanzia all’adolescenza e della prima adolescenza. Parlo di un ragazzino di età compresa tra 10 e 14 anni.
La legge oggigiorno è chiara: il minore che ha compiuto 12 anni deve essere ascoltato dal giudice. Quale giudice? Quello della separazione dei genitori. E anche il bambino di età inferiore ai 10 anni deve essere ascoltato, se capace di discernimento. In parole povere, a partire dai 12 anni l’ascolto è un obbligo. Prima dei 12 anni, dipende: sarà il Giudice a decidere se convocare il minore.
3. L’ascolto del minore non è un interrogatorio nè una testimonianza, ma è un semplice colloquio
Da questo colloquio il giudice ricava quali sono i desideri del minore in merito al genitore con cui convivere in via prevalente. Non c’è pertanto una domanda del tipo: tu, vuoi continuare a vivere con mamma o con papà? Ma c’è un dialogo su vari argomenti, tra i quali viene toccato anche quello riguardante l’ambiente in cui vivere e la relazione con i genitori.
Molti pensano che l’ascolto del minore sia un trauma per il figlio. E lo pensano anche molti avvocati e giudici. Tuttavia, basterebbe vedere come i bambini escono da questi colloqui: sempre soddisfatti di avere potuto dire la loro! E’ una paura infondata. Il solo danno che i figli potrebbero subire è quello che i genitori potrebbero arrecare loro cercando di condizionarli prima dell’incontro con il giudice. Pertanto, la speranza è che quel ragazzino abbia due genitori di buon senso.
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