Bigenitorialità e alienazione parentale: il k.o. della Cassazione

bigenitorialità e alienazione parentale
Scritto il 05 Aprile 2022 in Casi Diritto di Famiglia Diritto di Famiglia
Bigenitorialità e alienazione parentale. Sembra proprio che entrambe siano uscite macilente dalla decisione della Cassazione sul caso Massaro.
Direi, però, che ad avere la peggio è stata la bigenitorialità.
Tutti sanno che la bigenitorialità è un diritto del bambino.
Altrimenti, perchè si parlerebbe di bi-genitorialità?
Il padre e la madre sono titolari, ciascuno, del diritto alla genitorialità, cioè il diritto di fare i genitori, mentre il figlio ha diritto alla vicinanza affettiva ed educativa di mamma e papà.
Dunque, la bigenitorialità è appannaggio esclusivo del figlio minore.
Eppure, come vedremo, questo concetto viene sostanzialmente rinnegato dalla Cassazione, con l‘ordinanza n. 9681 del 24.03.2022.
Tra poco sarà chiaro perchè.

La prima anima dell’ordinanza sul caso Massaro

Comincio, allora, con il dire che l’ordinanza della Cassazione sul caso Massaro mostra due anime.
Da una parte risalta l’ossequio ai principi consacrati dalla Cassazione stessa e dalla Corte EDU in materia di affidamento dei figli minori.
Nella prima parte della decisione vengono, infatti, richiamati:
-il diritto alla bigenitorialità
-il dovere del giudice di accertare i comportamenti che un genitore denunci come ostacolanti del rapporto con il figlio
-il dovere delle autorità nazionali di attivare misure efficaci per assicurare il mantenimento del legame tra figlio e genitore e, ove necessario, per ripristinarlo. Misure che la Cassazione sottolinea devono essere attuate rapidamente, poiché “il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui”.
E, oltre a ciò, in questa prima parte della motivazione, vengono riportati gli esiti univoci e incontestabili delle tre CTU espletate nel caso.

I comportamenti ostacolanti tenuti dalla madre: una certezza

Apprendiamo così da questa stessa decisione che l’ultima CTU, del 2021, aveva accertato la rigidità della madre, la quale “tenta di prendersi tutto lo spazio nel dialogo, non accoglie in alcun modo il punto di vista dell’altro e soprattutto non tollera che si frapponga una realtà esterna nella relazione tra lei e il figlio (trascrivo esattamente quanto si legge a pag. 11).
Ecco, lasciatemi dire, allora, che trovare tre consulenti tecnici che giungono alle stesse conclusioni non è affatto facile; e dunque ci troviamo di fronte a un caso in cui non può esservi dubbio che la madre ha ostacolato il rapporto tra padre e figlio minore;  al punto che – si legge ancora – nessun genere di intervento riparatore ha dato alcun risultato positivo.
Ce lo dice la Cassazione stessa, insomma, che il bambino aveva subito, negli anni, continue pressioni psicologiche a causa del comportamento disfunzionale della madre, volto a denigrare ed alienargli la figura paterna.
E non solo. La Cassazione aggiunge che lo stesso Tribunale per i Minorenni, sulla base di quelle perizie, aveva evidenziato la condizione di pregiudizio del bambino, incastrato in un rapporto di lealtà con la madre che non gli permetteva di autodeterminarsi ed esprimere la sua volontà senza coercizioni, attesa la condotta della madre che volontariamente o involontariamente non gli consentiva l’accesso alla figura paterna.
Ma perchè, allora, il ricorso della madre è stato accolto?

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La seconda anima dell’ordinanza sul caso Massaro

Ecco comparire la seconda anima di questa ordinanza della Cassazione.
Essa si rivela là dove la Cassazione parla della bigenitorialità come diritto non del bambino ma del padre; e conclude che tale diritto (in quanto diritto del padre, appunto!) non può trovare tutela  attraverso l’allontanamento del bambino dalla madre.
Andate a pag. 13  e leggete questo passaggio: “l’accertamento della violazione del diritto del padre alla bigenitorialità, nonché la conseguente necessità di garantire l’attuazione del diritto, di per sè, non possono comportare automaticamente, ipso facto, la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, quale misura estrema che recide ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale ed affettivo, con il figlio dodicenne“.
E poi a pag. 14: “tale argomentazione (quella usata dalla Corte di merito) muove da una configurazione non condivisibile del diritto alla bigenitorialità, che pur nella doverosa prospettiva di soddisfare il diritto-dovere del padre nei confronti del minore, induce a rimuovere la figura genitoriale della madre (...)”.
Ecco, dunque, considerando il diritto alla bigenitorialità quale diritto del padre, diventa agevole concludere che la tutela di tale diritto (in quanto diritto del padre, appunto) non può compromettere l’altro rapporto, quello tra madre e figlio.

Una visione “gender oriented”

Il diritto del padre contrapposto al diritto della madre: è questo che purtroppo balza imperiosamente all’occhio. Una visione di genere, difficile negarlo.
E’ questo il centro della motivazione, a mio parere, non tanto il pensiero espresso riguardo all’alienazione genitoriale.
E vi è dell’altro, perchè la Cassazione giunge perfino a sancire la priorità del rapporto tra madre e padre.
Ancora a pag. 14, sta scritto che il bambino ha sempre convissuto felicemente con la madre, coltivando serenamente i suoi interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola; e dunque, una brusca e definitiva sottrazione del minore alla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita potrebbe comportare ripercussioni sull’assetto cognitivo del minore.
Bene, mi chiedo come si possa affermare che un bambino ha vissuto felicemente nonostante sia stato reciso il suo rapporto con uno die genitori. E mi chiedo anche come si possano vedere i rischi per l’equilibrio cognitivo di un bambino a senso unico, soltanto cioè se manca la madre.
Insomma, per la Cassazione non può ammettersi che la tutela del rapporto tra un padre e il proprio figlio possa avvenire assumendo provvedimenti che sottraggano temporaneamente il minore alle influenze negative di una madre ostacolante.
E allora dobbiamo chiederci quale avrebbe potuto essere l’esito a ruoli invertiti!

Alienazione parentale: contano i fatti, non le etichette

L’affondo contro la bigenitorialità viene poi rafforzato, nella seconda parte dell’ordinanza, con l’affermazione tautologica del valore pseudoscientifico dell’alienazione genitoriale.
I media hanno dato fiato alle trombe salutando questa ordinanza come requiem all’alienazione parentale.
Non credo, tuttavia, che da qui in avanti il fenomeno sia destinato all’oblio.
E questo per il semplice fatto che esso esiste come fenomeno che si verifica, purtroppo, in situazioni di elevatissima conflittualità genitoriale.
Ciò che conta sono i fatti, non le etichette.
L’ordinanza ha richiamato il proprio precedente del 2016, quello che impone al giudice di accertare mediante prove i comportamenti denunciati come ostacolanti.
Dunque, è presto detto: d’ora in poi parliamo di condotte ostacolanti, ed evitiamo di tirare in ballo l’ “alienazione genitoriale”. 

Non serve la decadenza dalla responsabilità genitoriale

Su un punto concordo con l’ordinanza: non serviva, non serve la decadenza dalla responsabilità genitoriale. Sarebbe bastato disporre l’affidamento temporaneo del minore ai Servizi Sociali per un periodo di tempo, quello necessario a ripristinare il rapporto con il padre.
Quanto poi alla collocazione del figlio in un ambiente terzo, neutro, ricordo che si tratta di un rimedio suggerito da una parte del mondo scientifico su cui si può o meno essere d’accordo. Ad ogni modo, qualora applicato, si tratterebbe di un rimedio temporaneo, che serve a creare una stanza di compensazione (uscire dall’influenza negativa del genitore ostacolante per recuperare la serenità che conduce alla ripresa del rapporto con l’altro genitore).
Grazie per avere letto il mio pensiero.