Bambini allontanati dai genitori; i fatti di Bibbiano continuano a far pensare.
Ricevo da Galeazzo Bignami, parlamentare bolognese sempre molto attivo sul territorio, una tabella con alcuni dati sulla situazione in Emilia Romagna.
Si tratta di una tabella (quella nella foto qui sopra) in cui viene riportato il numero dei bambini allontanati dalla famiglia anno per anno, a partire dal 2011 fino al 2017.
Oltre che per anno i dati sono ripartiti per province dell’Emilia Romagna. Vediamoli.
Balza subito all’occhio l’enorme diversità dei dati tra le province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e le altre: nelle prime tre, con al vertice Bologna, i casi di bambini allontanati sono stati centinaia ogni anno (nel 2015, a Bologna, ben 249!!!); nelle altre province, i numeri – come potete vedere – sono molto più bassi. E tra tutti spicca il dato riminese: zero allontanamenti.
Una seconda tabella, sotto la prima, distingue gli allontanamenti tra quelli disposti dall’autorità giudiziaria e quelli effettuati in via amministrativa, direttamente cioè dai Servizi Sociali.
L’ art. 403 che viene indicato nella seconda tabella è l’articolo del codice civile che ‘autorizza’ la pubblica autorità, tramite i Servizi Sociali, a collocare il bambino in un “luogo sicuro”.
L’ espressione “luogo sicuro” è esattamente quella utilizzata dalla legge.
Il cosiddetto collocamento in luogo sicuro si traduce nell’allontanamento dalla famiglia e, dunque, si tratta di un’iniziativa molto molto delicata, da riservare ai casi di conclamata necessità.
Sempre il codice civile sancisce, infatti, il diritto del bambino di crescere nella propria famiglia e di essere allevato ed educato dai propri genitori. Non esiste, pertanto, un potere della pubblica autorità sui minori, tale per cui questa può decidere discrezionalmente di intervenire e sottrarre il minore ai suoi affetti.
I casi in cui la pubblica autorità può fare questo sono i casi in cui il bambino è in condizioni di abbandono morale o materiale, o quelli in cui viene allevato in ambienti insalubri o pericolosi; o ancora, quando i suoi genitori sono incapaci di provvedere alla sua educazione.
Tutti casi di estrema gravità, ma deve trattarsi di casi conclamati, cioè certi. La legge indica, infatti, condizioni effettive, non usa il condizionale, ma l’ indicativo che è, appunto, il modo della realtà.
Come funziona il sistema degli allontanamenti
Ma vediamo come si verifica l’intervento previsto dall’art. 403.
Tutto muove da una segnalazione che i Servizi Sociali ricevono da qualcuno: la scuola, un vicino di casa, un parente.
Sulla base di questa segnalazione, i Servizi assumono un provvedimento di natura amministrativa. Non è il giudice, dunque, a stabilire che quel bambino vada allontanato dalla famiglia.
Nessuna altra disposizione di legge stabilisce che il provvedimento assunto dai Servizi Sociali debba essere valutato e ratificato o, al contrario, annullato dal giudice prima di essere eseguito nè subito dopo.
Di conseguenza, la separazione del bambino dai propri genitori può durare anche a lungo, e da provvisoria divenire a tempo indeterminato.
Torniamo alla seconda tabella.
Come si può notare, i bambini allontanati su iniziativa dei Servizi Sociali sono stati molti di più rispetto a quelli decisi dal giudice: nel 2017, il rapporto è stato di 289 a 66.
Tutto regolare? Di sicuro, per tirare le conclusioni servirebbero altri dati.
Gli interrogativi inevitabili
Però mi chiedo: perchè tanta differenza da provincia a provincia? Possibile che nel riminese tutte le famiglie siano perfette, e a Bologna, al contrario, ci siano tanti bambini abbandonati o tanti genitori incapaci di educare i loro figli?
Anche tenendo conto della diversità di estensione e di densità demografica delle varie province, la sproporzione rimane.
Confrontiamo, per esempio, la provincia di Bologna e quella di Rimini.
Nella prima, i minori tra 0 e 15 anni erano (nel 2015, anno del record) circa 131.000; nella provincia di Rimini 46.000, e dunque il 35% dei minori bolognesi. Di conseguenza, in una logica di proporzionalità, i bambini allontanati nel riminese dovrebbero aggirarsi attorno alla medesima percentuale del 35%. Al contrario, come già detto, sono stati pari allo 0%.
Conclusioni analoghe – dati alla mano – valgono per le altre province romagnole, come pure per Piacenza. Qui, sempre nell’anno di riferimento sono stati allontanati 8 minori su una popolazione di minori tra 0 e 15 anni di 36.896.
E spicca in positivo anche il dato di Parma: 13 bambini allontanati su un totale di 59.486.
E vediamo poi Ravenna con 8 allontanamenti su una popolazione minorile di 51.583.
Dunque, a cosa sono dovuti i picchi di Bologna e Modena, di Reggio Emilia e Ferrara?
Sollecitudine ed efficienza? O piuttosto, esercizio disinvolto, fin troppo disinvolto, del potere attribuito dalla legge?
Territori – quelli che registrano i numeri elevati – interessati da maggior disagio delle famiglie, o dalla presenza di ambienti insalubri o pericolosi?
E altri dubbi si affacciano: come saranno andati a finire quei casi? Per quanto tempo quei bambini avranno dovuto sperimentare la lontananza di mamma e papà? E con quali effetti nel loro cuore e nella loro anima?
La seconda tabella, poi, solleva dubbi anche più inquietanti.
Come si vede, infatti, nel 2017 in Emilia Romagna sono stati allontanati 355 minori. Di questi, 66 casi sono stati gestiti dall’autorità giudiziaria mentre la maggior parte, 289, decisi e attuati dai Servizi sociali.
Anche qui i dati non consentono di trarre conclusioni inoppugnabili (a parte il fatto che i numeri relativi al 2016 sono sbagliati: provate a fare la somma). Non è dato sapere, infatti, se i 289 allontanamenti made in SS siano stati poi ratificati o meno dall’autorità giudiziaria. Sarebbe molto interessante saperlo.
Dati che fanno pensare, dunque; interrogativi che vengono a galla in questa torrida estate che ha disvelato veri e propri orrori a danno dei bambini in questa rigogliosa regione!
Approfondire è d’obbligo, credo.
Bambini allontanati non proprio secondo i presupposti indicati dalla legge
Mentre scrivo queste riflessioni, trovo sul portale dei Servizi Sociali dell’Emilia Romagna un documento che spiega come funziona il sistema delineato dall’art. 403 c.c.
Lo leggo e subito mi colpiscono i passaggi in cui vengono indicati i presupposti sulla base dei quali i Servizi procedono all’allontanamento del bambino dai propri genitori.
Riporto le esatte espressioni utilizzate al riguardo: “Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica”; “Presupposti: occorre che vi sia un grave pericolo per l’integrità fisica e psichica del minore (…) una situazione di grave rischio“; “L’intervento di protezione deve essere il più possibile limitato a quelle situazioni di effettivo pericolo per l’integrità fisico-psichica del minore, tipiche dello stato di necessità”.
Vediamo, dunque, che il presupposto per l’iniziativa di cui all’art. 403 c.c. viene ravvisato dal sistema dei Servizi nell’esistenza di un “grave pericolo”.
Nessun riferimento viene fatto ai presupposti indicati dall’art. 403 c.c. Che – vale ripeterlo- sono i seguenti:
- condizioni di abbandono morale o materiale;
- vivere in un ambiente in salubre o pericoloso;
- Incapacità dei genitori di provvedere all’educazione del figlio.
È ben vero che da tutte le suddette situazioni indicate dal codice civile deriva verosimilmente un grave rischio di pregiudizio per il minore. Ma ciò non consente di far corrispondere i presupposti indicati nel documento dei servizi sociali-il grave pericolo- con le tre sopraddette situazioni.
In altri termini, nel documento non si parla di grave pericolo derivante da una delle situazioni indicate nell’articolo 403, ma si parla soltanto e semplicemente di grave pericolo.
E la differenza è grande. In tal modo, infatti, un minore potrebbe essere considerato in grave pericolo, qualunque sia la condizione che egli vive, senza che alla base vi sia la verifica delle cause della condizione di ritenuto pericolo. Inutile dire che se così fosse, si assisterebbe ad una quanto mai estesa discrezionalità dei servizi sociali, fonte indubbia di un “grave pericolo” di schiacciamento di diritti fondamentali dei minori e dei loro genitori.