I matrimoni gay restano intrascrivibili in Italia, ma….

Scritto il 17 Marzo 2012 in Diritto di Famiglia

Con una sentenza appena sfornata la Cassazione conferma che il matrimonio tra omosessuali non può essere trascritto in Italia, e questo divieto lo si ricava da varie norme, tra cui l’art. 107 cod. civ., che prevede che l’ufficiale dello stato civile celebrante «riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie».

Il divieto affonda le sue radici nella nostra tradizione culturale, e – specifica la Corte – nell’ “ordine naturale” il quale esige la diversità di sesso dei nubendi. La Suprema Corte osserva, poi, che non aiuta neppure l’evoluzione interpretativa e il riconoscimento come formazione sociale meritevole che la giurisprudenza, compresa quella europea, hanno riconosciuto alle unioni omosessuali. E ciò in quanto, spetta pur sempre ai singoli Paesi membri decidere per l’ammissibilità o meno del matrimonio omosex?

Perchè, allora, la sentenza n. 4184 del 2012 ha suscitato tanto interesse?

Perché, ricollegandosi all’art. 8 della Convenzione sui diritti dell’uomo, Il quale sancisce che la coppia omosessuale ha diritto a godere della vita familiare, con la conseguenza che la stessa ” potrà rivolgersi al giudice per far valere, in presenza di «specifiche situazioni», il diritto ad un trattamento omogeneo a quello dei coniugi.

 

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Parrebbe consacrata, pertanto – almeno sulla carta – l’ equiparazione della condizione giuridica dei partners omosessuali stabilmente conviventi rispetto ai coniugi. Questo, dunque, potrebbe aprire la strada a tutta una serie di tutele giuridiche, come, per esempio, al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, per la perdita o la macroinvalidazione del congiunto. Ma, potrebbe altresì significare che uno dei partner potrebbe rivolgersi al giudice chiedendo una sorta di pronuncia di separazione e l’attribuzione di un assegno di mantenimento, con tutte le conseguenze annesse e connesse.

Tuttavia, io credo che per considerare correttamente estensibili alle coppie ‘omo’ il trattamento giuridico privatistico previsto per i coniugi, occorra un intervento del legislatore, poichè diversamente il potere giudiziario si arrogherebbe una competenza che non gli appartiene. Il dubbio è che si tratti di una scorciatoia – certamente coraggiosa ed apprezzabile – ma in odore di sconfinamento rispetto alle iniziative di competenza del potere legislativo.