Ascolto del bambino: quando si fa

l'ascolto è un diritto del bambino e un obbligo per il giudice
Scritto il 28 Ottobre 2017 in Diritto di Famiglia

Si sente tanto parlare, oggi, di ascolto del bambino. Che cosa si intende esattamente? E, domanda che spesso mi viene rivolta, quando si fa?

L’ascolto del bambino, come anche dell’adolescente, non è una novità.

Pensiamo soltanto che già le convenzioni internazionali (quella di New York del 1989 e quella di Strasburgo del 1996, che oggi sono vincolanti anche in Italia) lo prevedevano in tempi non sospetti.

Nonostante questo, però, per decenni si è fatto finta che questo ‘strumento’ non esistesse. E ciò per tante ragioni, prima fra tutte l’idea preconcetta che per un bambino ritrovarsi al cospetto del giudice potesse rappresentare un trauma; trauma che magari andava ad aggravare la già difficile situazione familiare che il bambino stava vivendo a causa del conflitto tra papà e mamma.

L’argomento ha cominciato a ricevere considerazione soltanto dopo la riforma sulla filiazione del 2012, allorquando nel codice civile è stato scritto in modo ufficiale, insomma, che l’ascolto è un diritto del bambino e un obbligo del giudice.

 

Perché l’ascolto è un diritto del minore?

Si tratta di un diritto perché attraverso l’ascolto il bambino e l’adolescente hanno possibilità di esprimere la propria opinione e la propria volontà o desideri riguardo a quella determinata questione che il giudice deve decidere, nel suo interesse.

Ma, attenzione, l’ascolto non è un diritto dei genitori, bensì soltanto del bambino. E questo fa un sacco di differenza!

Capita spesso, infatti, che un genitore in lite con l’altro chieda all’ avvocato di insistere presso il giudice per procedere all’ascolto del figlio minore; e questo perché quel genitore confida, in cuor suo, di poterne trarre un vantaggio, se – come spera – il figlio dirà determinate ‘verità’ (!?)

Ma, attenzione: l’ascolto non è una testimonianza, non è un mezzo di prova! E, soprattutto, utilizzare l’ascolto del bambino per ottenere dei vantaggi (sperati) rappresenterebbe un’iniziativa contrastante con l’interesse del bambino.

 

E perché l’ascolto del minore è un obbligo per il giudice?

Si tratta di un obbligo per il giudice perché lo prevede la legge, in modo incontrovertibile; e la legge lo prevede perché soltanto ascoltando le opinioni e i desideri del bambino, il giudice potrà farsi un’idea corretta di quale sia il suo interesse e la decisione da prendere.

 

 

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In quali casi il giudice deve procedere all’ascolto del bambino?

Dato che, come si è detto, l’ascolto è un diritto del bambino e dell’adolescente, il giudice ha l’obbligo di procedervi, in tutti i casi in cui si tratta di prendere decisioni che riguardano il minore: così nei giudizi di separazione e divorzio dei genitori, nei giudizi che riguardano le limitazioni alla responsabilità genitoriale (quella che un tempo si chiamava ‘potestà genitoriale’), nei giudizi relativi alla sottrazione internazionale di minori da parte di uno dei genitori, nei procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, e via dicendo.

Inoltre, deve trattarsi o di un bambino che ha già compiuto i 12 anni, oppure, se più piccolo, di un bambino ‘capace di discernimento’
.

 

Anche i bambini piccoli devono essere ascoltati?

No, i bambini molto piccoli di certo no. Può, però, accadere che il loro ascolto (meglio dire ‘osservazione’) avvenga nell’ambito di una consulenza tecnica disposta dal giudice, ma questa è una cosa diversa dall’ascolto vero e proprio.

 

Cos’è la capacità di discernimento?

Domanda da un milione di dollari. 
Nessuno lo sa bene. Eppure anche le leggi internazionali fanno riferimento alla “capacità di discernimento”.

Gli psicologi sostengono che le competenze del bambino, in termini di autonomia di pensiero e di discernimento vengono acquisite in tempi diversi a seconda dell’esperienza e dei vissuti di ciascuno.

 

Dunque, come fa il giudice a decidere se ascoltare un bambino che non ha ancora compiuto dodici anni?

Certo, egli non può disporre una perizia soltanto per stabilire se il bambino possiede quella capacità di discernimento. La valutazione è rimessa alla sua percezione.

La Cassazione ritiene che un bambino abbia capacità di discernimento quando è in grado di comprendere il senso di quell’incontro, le ragioni per cui è lì, davanti al giudice.

Nella pratica ci sono esperienze diversificate.

Se un bambino è in età scolare (dunque tra i sei e i dodici anni) dovrebbe presumersi che egli sia capace di discernimento, salvo escludere l’ascolto qualora emerga che questa capacità non sussiste.

E’ difficile, però, imbattersi in casi di ascolto di bambini al di sotto dei dieci anni; a meno che l’ascolto riguardi più fratelli: in tal caso, infatti, il giudice tende ad ascoltarli tutti, anche per avere una visione di insieme delle relazioni.

Nella prossima scheda vedremo quando l’ascolto del minore non deve essere fatto o può essere tralasciato.